Milano 3000, Roma 3000, ultimo lavoro fiber -art di Daniela Arnoldi e Marco Sarzi Sartori, (DAMSS) è un dittico composto da due arazzi di imponenti dimensioni (un totale di novanta metri quadrati) creati con complesse tecniche basate sull’uso del tessuto ideate dagli stessi autori. Rara opera, nel pallido panorama culturale del nostro presente, dove si può finalmente assaporare il respiro dall’arte. In Milano 3000 gli autori descrivono una città abitata solo dalle sue architetture. Un’immagine cupa, satura, nauseante, in cui l’unico elemento vivo è l’acqua impetuosa di un assurdo fiume artificiale. Un complesso urbano cresciuto nel disordine dove puoi nitidamente distinguere gli elementi emblematici di quella città quali: il Duomo, la Torre Velasca, il Grattacelo Unicredit, la Stazione Centrale, il Bosco Verticale.
Memorie di un mondo passato che appaiono in un vistoso stato di completo abbandono ma che rivivono il loro splendore, in fedeli copie ingigantite. Il mondo ha smarrito il dono della creatività e si rifugia nell’unica idea di progresso fondato su una tecnologia sempre più evoluta che, in questo caso, permette scenografiche visioni di mastodontica grandezza. La città, perde i suoi contenuti originari di luogo del vivere, si trasforma in un grande polo economico, che trova nella pura spettacolarità la sua principale realizzazione. Una grande giostra per un assetato turismo di massa avido di momentanee evasioni ma privo di profondità. Anche il cielo, non ultimo protagonista, rivela un aspetto diverso: non solo per la sua insolita colorazione, ma anche per la presenza di più astri. Un elemento questo fortemente destabilizzante ma che ci consegna ad una dimensione, oggi dimenticata, rapportandoci con l’infinita grandezza dell’Universo. Se in Milano 3000 il tema è il Cimitero Monumentale inteso come luogo di culto, di memoria e di meditazione, in Roma 3000, quello spazio sacro viene trasportato con immaginarie astronavi, nel deserto di un pianeta lontano. Un lungo viaggio nello spazio, evidente citazione all’Arca che, in questo caso non salva esseri viventi ma, mega reliquie di un mondo perduto. Nel mastodontico trasloco possiamo osservare il Colosseo, più copie di San Pietro, la Fontana di Trevi, il Mosè, la Colonna Traiana, la Fontana di Trevi, i Fori Romani. Come i monaci medioevali salvarono con certosina perizia la cultura antica devastata dai barbari, così la volontà di pochi generosi intellettuali preservano dall’oblio ciò che resta di quello che un tempo chiamavamo Civiltà. Per ricchezza d’immagini, tragicità e fantasia, guardando questo dittico, faccio fatica a non pensare ai grandi Giudizi Universali affrescati nelle chiese romaniche e gotiche, un viaggio nel mondo iconografico che mi conduce fino al toccare il Trittico delle Delizie di Hieronymus Bosch. Il titolo Milano 3000 e Roma 3000 è una provocazione che, muovendo la macchina del tempo, non ci porta in un futuro inimmaginabile, ma nel più oscuro medioevo. La similitudine è forte: oggi come allora, ci sono degli artisti autentici, che non possono esprimere la loro grande opera didascalica e di ricostruzione per un popolo imbarbarito e reso pressoché analfabeta se non attraverso delle immagini. Così Marco e Daniela cercano di dare forma a quel guazzabuglio di linguaggi, a quelle nuove forme di comunicazione, a quel bombardamento di stimoli di cui siamo sottoposti nel quotidiano e che sono parte integrante della nostra realtà.
Milano 3000, Roma 3000 è questo, un perfetto zapping, dove puoi ritrovare l’arte metafisica e il comix, Stars Warms e la Bibbia, l’Apocalisse all’astrofisica, la cartolina e Blade Runner, il film catastrofico e l’archeologia, la scienza e la fantasia. Un racconto avvincente che parla la lingua del suo tempo, mostrando eclatanti capacità narrative e che segue, a tutti gli effetti, gli schemi letterari con il suo tema centrale e il suo finale. Quest’ultimo, l’epilogo, si mostra in entrambi i casi, come gesto conclusivo che sintetizza tragedia e speranza lasciando un grande spazio interpretativo. Nel primo, Milano 3000, un enorme ventilatore sembra dare ossigeno a quell’atmosfera cupa e maleodorante ma può diventare il chiaro simbolo di un forte vento purificatore che porti via con sé anche quel brutto incubo. Nel secondo, Roma 3000, il discorso si fa più complesso: un violento tornado appare all’orizzonte in tutta la sua forza distruttrice annunciando la catastrofe, la fine non solo di quella complessa immagine ma dell’umanità intera, ma… al tempo stesso può diventare un’energia irrefrenabile che uscendo dal limite fisico dell’opera, abbatte i numerosi confini del nostro presente.
Testo di Gabriello Anselmi