Venezia 3000, 2018
arazzo, seta, tessuti sintetici, ricamo, 10,50 x 4 m
Se la fantasia non ha limiti “Venezia 3000” ne è la dimostrazione. Questa premessa non è uno slogan, ma un inquietante dilemma che mette a confronto il mondo della creatività con il mutismo intellettuale, che oggi vi sta di fronte. Poche sono le relazioni con le due opere precedenti (Milano 3000, Roma 3000), se non per alcuni elementi comuni quali: “la città”, intesa come luogo del vivere, testimonianza tangibile della storia nei suoi vari passaggi e la “forte capacità narrativa”.
Quest’ultima, se nelle precedenti composizioni seguiva la prassi di tipo classico: prologo, svolgimento del racconto ed epilogo qui, riferendosi a forme letterarie più attuali, la struttura viene frantumata in uno schema più dinamico creando un grande mosaico, meglio potremmo dire un puzzle, il cui incastro impossibile mette in gioco la nostra mente nella ricerca disperata di un senso logico. Venezia 3000 a seguito di un coinvolgimento in un cataclisma geologico -lì rappresentato- presenta la città lagunare non in una visione realistica quanto banale che la vedrebbe sprofondata nel mare, ma dopo essere stata smembrata in più parti, vive una sua nuova esistenza sulle vette di alte rocce; una sorta di Gran Canyon dolomitico creato da un inimmaginabile fenomeno bradisismico. Della città veneta ci sono tutti gli elementi architettonici più noti quale: la piazza San Marco, Ca D’Oro, la chiesa della Salute ed altri, tra i quali non poteva mancare il ponte di Rialto, che in questa nuova situazione unisce i due lembi di città, divisa non dal Canal Grande, ma da un profondo strapiombo. Tutto è statico, cristallino. Autentici fotogrammi che hanno saputo fermare il tempo dandoci la preziosa opportunità, oggi completamente sconosciuta, di poter guardare, osservare, addentrarsi nel fantastico labirinto del Mondo. Se Milano 3000 e Roma 3000 erano lo specchio del nostro pallido presente, Venezia 3000, per il suo linguaggio più nitido e tagliente ne è il “Manifesto”. Si potrebbe dire che quest’ultima opera del DAMSS, così enigmatica, sconcertante, illogica sia il vero esercizio, -quasi propedeutico- rivolto alla nostra contemporaneità, nella “ricerca dei significati”, verso tutto ciò che ci circonda e a cui non sappiamo più dare un senso logico né di appartenenza. Ogni rappresentazione pretestualmente legata alla città di Venezia assume valori simbolici chiari: c’è la nave Concordia affondata, spettrale immagine dai molteplici significati: un transatlantico dato in mano ad un capitano incosciente, superficiale, irresponsabile, chiaro riferimento e metafora del nostro stato di decadenza e abbandono morale; dove di fronte a problematiche sempre più complesse, che la nostra epoca pone, corrisponde una completa assenza da chi veramente le dovrebbe governare. Ma quel relitto, quella nave inabissata è anche l’evidente denuncia e al tempo stesso auspicio dell’affondamento di tutte le devastanti “Grandi Navi” che entrando in Laguna ne anticipano il suo disfacimento. Nella miriade di immagini che popolano la grande scena, è presente un elemento di spicco: la grande onda che dall’alto sembra invadere l’intera opera. L’onda ha un forte impatto, inoltre è la raffinatissima la sua costruzione tecnica. Accennata e vaga citazione al noto frangente “Kanagawa di Hokusai”, di fatto è un chiara riferimento alla recente tragedia dello Tsunami e di come oggi, nella nostra società del puro consumo, ogni cosa possa anche la più tragica come la morte, diventare puro spettacolo, audience, sceneggiatura per una dei tanti film commerciali. Infine “Venezia”, una scelta non certo casuale che gli artisti Marco e Daniela hanno fatto loro, nei lunghi mesi di duro lavoro passati in laboratorio navigando nel grande universo della fantasia nella vana ricerca di una verità, scoprendo infine fragilità della vita e dell’esistenza stessa. La città – teatro, dell’eterno carnevale, dagli infiniti misteri, straordinario esempio di coesione e convivenza di civiltà diverse viene qui disgregata e degradata in pacate immagini statiche senza vita: Perfetto e splendido “pacchetto di cartoline” da poter vendere al primo fugace turista del Mondo.Testo di Gabriello Anselmi
If fantasy knows no bounds, “Venezia 3000” is the demonstration. This premise is not a slogan but an unsettling dilemma that confronts the world of creativity with intellectual muteness, prevailing in today’s scenario. There are few connections with the two previous works (Milano 3000, Roma 3000), except for some common elements such as “the city,” understood as a living place, a tangible testimony of history in its various phases, and the “strong narrative capacity.”
arazzo, seta, tessuti sintetici, ricamo, 10,50 x 4 m